
La possibile candidatura di Veltroni alla segreteria del Pd merita un’attenta analisi. Non in termini di “politica politicante”, o se si preferisce, di “calcoli” sui nuovi equilibri interni al gruppo ulivista. Ma di fenomenologia della politica.
Indiscutibilmente leader e ambasciatore di quella sinistra riformista che cerca di emergere dalle sue ceneri in un centro rinnovato ed europeista. Riconosciuto da tutti come il figlio prediletto a cui consegnare le chiavi di casa, Veltroni ha raccolto in questi anni alla guida della città eterna quella giusta popolarità che ha messo d’accordo elettori di destra e di sinistra. Ha sconfitto Fini platealmente nel suo regno (Roma è notoriamente di destra) e non pago si è ripetuto al turno successivo non solo sconfiggendo il suo avversario ma addirittura facendoci dimenticare il cognome (vi ricordate forse chi è stato l’ultimo avversario di Veltroni alla carica di Sindaco di Roma ?).
Grazie al suo amore per l’arte e per tutto quello che è spettacolo ha riportato Roma nel posto che le compete: il tetto del mondo, attraverso manifestazioni, eventi culturali e musicali. E’ e sarà per sempre il Sindaco di tutti gli italiani, nessuno meglio di lui è riuscito nell’impresa non facile di farsi amare a prescindere. Sostenitore da sempre della democrazia modello americano, anche quando il PCI era apertamente contro gli Stati Uniti, in quel gioco di paradossi che voleva la destra a fianco degli americani (ma non sono gli americani che hanno sconfitto i fascisti ?) e la sinistra dall’altra parte (non erano forse gli americani che ci hanno liberato dal Fascismo?).
Ma c’è anche da dire che proporre Veltroni alla segreteria del Pd significa rischiare di puntare su una politica definitivamente fondata sul vuoto delle apparenze. Con Veltroni, al comando, la politica del Pd potrebbe finire nelle mani degli organizzatori di eventi, degli uffici stampa, dei direttori di immagine, e dei quadri direttivi di quel terziario, che trae la sua forza dall’espansione dell’ immaginario cinematografico, musicale, museale, turistico eccetera. Dalle apparenze, appunto, ricalcando a piene mani dal sistema forzista e dal suo padre padrone, Silvio Berlusconi.
Si pensi a quel che è accaduto a Roma. Veltroni, in sei anni di mandato, a quanto dicono in borgata non ha risolto un problema della città. Le periferie, per dirla in modo banale, sono sempre più degradate. La mobilità è pessima. La criminalità dilagante. I servizi sociali procedono a singhiozzo. Ma il comune di Roma, solo per fare alcuni esempi, ha promosso un viaggio a Kabul del medico-clown Patch Adams; ha aperto un ufficio per la Pace a Gerusalemme; ha ospitato il grande concerto Live8 per chiedere al cancellazione del debito del Terzo mondo.
Certo, si tratta di scelte in sé nobili. Ma il ragionevole dubbio che tutto ciò sia stato fatto per arrivare ai giorni nostri (leggi candidatura al PD) è lecito, grazie al sistematico e quotidiano lavoro del suo ufficio stampa, servono solo a stendere un velo, dai colori vivaci, sui problemi che attanagliano Roma. E che, nell’ultimo quindicennio, sono cresciuti a dismisura a causa delle pesantissima “turisticizzazione” della Capitale. Sulla quale, Veltroni, proseguendo l’opera di Rutelli ha decisamente puntato. Una politica che ha fatto crescere l’occupazione solo nel terziario (turistico). E favorito i costruttori di alberghi e relative infrastrutture.
Pro e contro di una scelta, dunque. Vincente o meno lo scopriremo solo in seguito, di certo migliorativa rispetto all’attuale coalizione di centro sinistra capitanata dal venditore di aziende pubbliche Romano “Iri” Prodi.
Ultima considerazione, la frettolosa dichiarazione di Silvio Berlusconi che ha ufficialmente consacrato Veltroni come l’unico avversario possibile, tanto da scatenare il malcontento degli altri (leggi D’Alema) con la speranza di creare scompiglio e far cascare il governo prima del mandato natuarle.
Cosi da non dare tempo al Partito Democratico di organizzarsi per un eventuale campagna. Perché Silvio sa benissimo che a 74 anni e con una coalizione tenuta insieme con la colla (Lega e AN) contro un Veltroni leader giovane di un Partito Democratico (+ UDC), fra tre anni, difficilmente avrà la meglio. Etichette:
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